Ttiolo: Norwegian Wood (in edizioni precedenti il titolo era stato cambiato in “Tokyo Blues”)
Titolo originale: Noruwei no mori
Autore: Murakami Haruki
Anno: 1987
Norwegian wood è una storia delicata, introspettiva, ambientata nella Tokyo degli anni ’60/’70 e incentrata sui rapporti del giovane protagonista Watanabe con varie altre persone, soprattutto della sua età. Il punto focale sono soprattutto i sentimenti e le considerazioni del protagonista, visto che il romanzo è scritto in prima persona. Mi è piaciuto moltissimo, l’ho trovato molto toccante, di grande forza.
Questo è il primo romanzo di Murakami Haruki che leggo, ma non il primo di un autore giapponese. Per quella che è la mia (limitata) esperienza in quanto a letteratura giapponese moderna, trovo che ci siano alcuni tratti che accomunano gli autori (almeno quelli che ho letto io): i loro scritti sono piuttosto incentrati sui sentimenti e sulle emozioni e sono generalmente più lenti dei romanzi occidentali. Forse succede poco nelle storie, ma molto all’interno dei personaggi. E tutto questo viene raccontato con calma. Ho notato inoltre che il tema della morte è molto presente – e Norwegian Wood non fa eccezione.
Ad onor del vero, la parte iniziale del romanzo è MOLTO lenta, però ad un certo punto prende. Prende parecchio. Mi piace questo tipo di romanzo, anche se non credo che riuscirei a leggerne più di uno di seguito. Devo intervallarli con qualcosa di meno introspettivo e meno lento. Comunque non è la lentezza del romanzo il motivo per cui ci ho messo più di un anno a leggerlo. È che ad un certo punto mi sono presa una lunghissima pausa dalla lettura. Lasciate che vi spieghi…
Breve storia triste: c’era una volta una donna che amava leggere. Poi questa donna diventò mamma. Fine.
Questo per dire che ho iniziato a leggere Norwegian Wood durante la gravidanza, sono arrivata a metà, poi è arrivato piper-baby (era fine agosto del 2015) e sono riuscita a riprenderlo in mano solo quest’autunno, nel 2016. Fortunatamente una delle caratteristiche di cui parlavo prima – cioè che succedono poche cose e la trama non è complicata – mi è venuta in aiuto: quando ho ricominciato il romanzo dopo un anno di pausa, non mi sono dovuta impegnare molto per ricordarmi quello che era successo. In compenso mi è bastato leggere qualche pagina per riuscire a scivolare di nuovo con facilità nelle atmosfere blues e introspettive del romanzo e nelle emozioni dei personaggi.
Una delle cose che mi sono piaciute del libro – lo ammetto – è che si apre all’aeroporto di Amburgo, uno dei luoghi a me più familiari al mondo. Questo mi ha subito catturata e anche ben predisposta. Ma non è solo l’ambientazione dell’apertura ad avermi catturata: questa prima scena ha una forza sentimentale tale, che mi ha un po’ messo in subbuglio qualcosa. Tocca delle corde profonde e non lascia indifferenti. E’ questa secondo me la forza di Norwegian Wood e ed è soprattutto evidente nel finale. Un’altra cosa che mi ha colpito molto è come viene affrontato il tema della morte.
Questo libro mi è piaciuto molto, tanto che mi sento di consigliarlo, ma con una precauzione: se c’è un periodo dell’anno che tende a deprimervi (per esempio l’inverno o altri periodi legati a motivi personali), evitate di leggerlo proprio in quel periodo.
Per altri suggerimenti di lettura potete dare un’occhiata alla sezione “libri”.
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