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Dedicato a chi progetta gli aeroporti

25 Febbraio 2014

 Gentili ingegneri, architetti e geometri tutti, che con tanta creatività e sapienza progettate gli aeroporti del mondo,

                con questa mia vengo a porvi alcuni pressanti quesiti, che – sono certa – voi saprete, dall’alto della vostra conoscenza e professionalità, chiarire in modo esaustivo.

1. Vi sarei eternamente grata, se poteste gentilmente indicarmi l’ubicazione del gate 1 in un qualsiasi aeroporto di una qualsiasi nazione.
Per quale ragione a me capita sempre di venire imbarcata al gate 47, dove il numero di suddetto gate corrisponde ai minuti di camminata necessari per raggiungerlo? Qualcuno ha mai avvistato il gate 1 o dobbiamo darlo definitivamente per disperso e chiamare i soccorsi?
Un paio di settimane fa mi trovavo a Londra, all’aeroporto di Heathrow. Quando ho ricevuto la mia carta d’imbarco e ho letto “gate 5” non ho potuto credere ai miei occhi. Non mi era mai capitato un gate con un numero così basso! Ho subito iniziato a fantasticare di raggiungere il gate in pochi passi dall’entrata, magari impiegando il tempo in avanzo curiosando al duty free, insomma ho lasciato galoppare la fantasia a briglia sciolta e, piena di belle speranze, ho individuato subito il cartello con le indicazioni “Gates 1-50 di qua” e mi sono messa in marcia.
Dopo un lunghissimo corridoio, ecco il cartello “Gates 1-20 e 50-80 di qua”. Dopo mezzo chilometro ecco un nuovo bivio e l’indicazione “Gates 4-5 e 70-80 di qua” (abbinamento inusuale, converrete con me).
Dopo un altro quarto d’ora di camminata ecco le indicazioni per i gates 4-5 e 70-75…
Al termine di questa caccia al tesoro durata una buona mezz’ora, ecco finalmente il gate 5 incastonato tra i gates 73 e 74.
Vorrei lasciarvi un momento per comprendere appieno la situazione. Fatto?
Ecco. Perché, progettatori di aeroporti? Perché dovete farci questo? Perché volete a tutti i costi farci scoppiare le coronarie? Perché, sant’Iddio? PERCHÉ??

2. Amici progettatori di aeroporti, ma voi poi ci entrate negli aeroporti che progettate?
Mi perdonerete per questo mio irriverente dubbio, ma capitemi: ci sono dettagli che farebbero nascere l’orribile sospetto anche nel passeggero più fiducioso.
Perché o non siete mai stati in un aeroporto in tutta la vostra vita, o – nonostante la vostra moderna scelta in quanto a professione – comunicate col resto del mondo con metodi vagamente retrò come pennino e calamaio. Una delle due.
Voi volevate fare gli antiquari, nevvero? Siete diventati ingegneri/architetti/geometri per fare contento papà, ammettetelo.
Mai sentito parlare di quei modernissimi ritrovati tecnologici quali cellulari e computer portatili? (I tablet e gli iphone/ipad per ora non ve li spiego nemmeno, perché ho a cuore il vostro equlibrio mentale)
Ebbene, essi funzionano grazie ad un quadratino magico chiamato batteria, che di tanto in tanto (tipo ogni ora) va ricaricato. Come si fa, mi chiedete? Ma ve lo spiego subito!
Con la luce del sole? No.
Con una manovella? No.
Con i filtri del caffé? No.
Bisogna inserirli in una presa di corrente, cosa della quale voi evidentemente ignorate l’esistenza, vista la quantità di prese generalmente disponibili in un qualsiasi terminal di un qualunque aeroporto: una – e sapientemente nascosta – ogni due chilometri.
Ora, se sapete come funziona un aeroporto – lungi da me l’insinuare che non abbiate idea di cosa state progettando – saprete perfettamente che l’occupazione rincipale è attendere. D’altronde, se bisogna arrivare quasi due ore prima della partenza, va da sé che tra il check-in e l’imbarco avanzi parecchio tempo da dover riempire e lo shopping al duty free intrattiene, ma fino ad un certo punto. Ecco, quindi, che entrano in gioco gli aggeggi elettronici che ci permettono di impiegare il tempo lavorando, leggendo giornali online, scrivendo email, giocando… Epperò tutto questo dura sì e no 5 minuti, se non si ha la possibilità di caricare la batteria.
Perché volete farci vagare come anime in pena per gli aeroporti del mondo, cercando minuziosamente in ogni angolo, sperando di arrivare prima delle altre 100 persone che stanno facendo la stessa cosa, per poi finalmente trovare una presa di corrente dopo 5km, naturalmente già occupata o, se hai fortuna, libera ma talmente imboscata che riesci a inserire la presa solo se ti siedi per terra a testa in giù?
Perché??

 Confido nel fatto che saprete certamente elencare delle ragioni validissime per tutto questo.

 Cordialmente

 Piperpenny

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Piperpenny
Italiana trapiantata nella città libera e anseatica di Amburgo, lavoro nelle relazioni pubbliche nel campo della moda. Viaggio per vocazione, scrivo per divertimento. La mia occupazione principale in realtà è correre dietro a due minions anche conosciuti come i miei figli.

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4 Comments


Lulu
25 February 2014 at 9:44 pm
Reply

ahahaha questo post mi ha fatto morire dalle risate e dopo una giornata all'ufficio é un toccasana! Credimi, sono domande che mi faccio anche io, soprattutto quella relativa alla disposizione numerica dei Gates! Che bello l'aeroporto di Hamburg. Domandina insulsa: hai fatto la foto dal bar che vende dei cornetti deliziosi e fa un espresso per niente malvagio? Ci passo sempre quando mi capita di prendere il volo da Hamburg hehehe 🙂



    Live from Here
    27 February 2014 at 10:42 am
    Reply

    Mi sa che ho fatto la foto da lì, ma non ho preso nulla. Buono a sapersi comunque… 🙂

Laura
26 February 2014 at 7:56 am
Reply

Mi hai fatto venire in mente di quando, all'aeroporto di Zurigo, ero in piedi davanti all'affare per asciugare le mani in un bagno attendendo che il telefono si caricasse. Mi guardavano tutte male. Forse erano solo invidiose perché ero arrivata prima di loro all'unica presa di corrente disponibile.



    Live from Here
    27 February 2014 at 10:43 am
    Reply

    Esatto… 😉

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