Questa settimana gli aggiornamenti arrivano di sera, perché è un periodo abbastanza tosto in ufficio e in pausa pranzo non ho avuto tempo di rileggere e pubblicare.
In attesa che le cose si calmino, al momento il mercoledì rappresenta per me il campanello che mi ricorda che metà settimana è stata superata senza disastri e al weekend non manca poi molto.
In attesa di venerdì sera, quindi, distraiamoci qualche minuto con gli aggiornamenti inutili di questo mercoledì.
Come al solito potete dare il vostro contributo nei commenti 🙂
– La giornata non è iniziata benissimo oggi: mi sveglio e mi rendo conto che l’autunno anomalo (caldo e soleggiato) che ci ha accompagnati fin qui, se n’è andato.
Poi mentre guido sento qualcosa cadermi sulle ginocchia e mi accorgo che si è rotto (senza motivo apparente) uno dei miei bracciali preferiti, regalo di piper-fratello.
Poi scopro che la zona del Fishmarkt (mercato del pesce) di Amburgo, a ridosso del fiume, si è completamente allagata.
Poi arrivo in ufficio e ci sono più isterismi del solito (ah, il mondo della moda)…
Anche basta.
– E pensare che avevo pensato sarebbe stata una bella giornata, visto che l’avevo iniziata in modo molto dolce: coi Baiocchi. Chi vive all’estero mi capirà: quando si vive lontano dalle proprie origini, i sapori di casa acquistano un valore aggiunto. E infatti dal mio weekend milanese sono state portati ad Amburgo generi di conforto quali Parmigiano Reggiano, salame, paté… Ora, io naturalmente lo so che queste cose si trovano anche quassù eh, ma portarli da casa è chiaramente un’altra cosa: so che è psicologico, ma me li gusto molto di più, che posso farci. Senza contare che queste cose all’estero generalmente hanno prezzi più alti. Ok poca cosa, si potrebbe pensare, ma visto che ho la fortuna di tornare in Italia con una certa frequenza, preferisco portarmeli da lì.
– Ma i cibi italiani non sono l’unica cosa che ho portato via come souvenir dall’Italia: ho infatti ereditato da piper-madre una longuette di pelle (vera) che trovo pazzesca! È leggermente rovinata in alcuni punti, o meglio ci sono alcuni segni di utilizzo, essendo circa degli anni ’70. Inoltre, essendo stata archiviata in una scatola per molti anni, è stropicciata sul fondo e non credo proprio che la pelle possa venire stirata… qualcuno ha idea di come la possa sistemare?
In ogni caso, la amo e la trovo perfetta per questo autunno!
Passeggiando per il centro di Milano, però, ho notato nei negozi una quantità impressionante di gonne di pelle. Sospetto sarà l’anno delle gonne di pelle, sgrunt. Mi stavo già preoccupando di essere vestita come ogni altra persona nelle prossime settimane, ma poi mi sono accorta che del colore e del modello di quella che ho io, in giro non ne ho vista nemmeno una. Incrociamo le dita che l’effetto uniforme sia scongiurato.
Nulla contro le mode e il vestirsi come gli altri (cosa a volte inevitabile, visto che nei negozi si trovano bene o male sempre le stesse cose), sia chiaro, il problema è solo che quando una moda prende davvero piede e si vede ovunque, io purtroppo tendo a stancarmi molto presto e non la posso più vedere. Mi spiacerebbe molto stancarmi in fretta di questa gonna, perché la adoro.
– In questi giorni gira un articolo (e un video) sulla questione tristemente nota delle fabbriche che nel Sudest Asiatico producono i vestiti a basso costo venduti poi nel resto del mondo. Le condizioni di lavoro (spesso disumane) di quei posti sono già state denunciate in passato da varie fonti, non è esattamente la scoperta dell’acqua calda, siamo d’accordo, io però ho trovato questo articolo comunque interessante: per quanto ne so, è la prima volta che delle ragazzine europee vengono mandate nelle fabbriche cambogiane a lavorare per documentare la cosa e provare sulla propria pelle cosa succede.
Ora, chi legge questo blog sa che per svariati motivi io generalmente evito di comprare in molte delle catene low cost, soprattutto H&M e Zara (che vengono citate anche nell’articolo). Ebbene, a giudicare da quello che vedo intorno a me, sono una delle pochissime. Se ancora così tanta gente fa acquisti da queste marche, forse in molti ancora non sanno e quindi trovo importante diffondere l’informazione. O forse in molti sanno, ma preferiscono non pensarci (e devo tristemente ammettere che mi capita a volte di fare parte di questa brutta categoria), trovo quindi importante ribadire certe cose, per smuovere le coscienze (compresa la mia). Ecco quindi l’articolo.
(Miracolo: per una volta un punto non totalmente inutile negli aggiornamenti inutili del mercoledì)
E questo è tutto.
Voi che fate?
Attenzione: una lettrice mi ha appena mandato una mail per dirmi che non riesce più a commentare da profilo anonimo. Ho controllato nelle impostazioni del blog, ma i commenti anonimi risultano autorizzati, quindi non capisco a cosa possa essere dovuto. Qualcun’altro sta riscontrando lo stesso problema? (In caso abbiate questo problema e per ovvi motivi non possiate dirmelo nei commenti, mandatemi pure una mail)
A qualche altro blogger è successa una cosa analoga e ha risolto? Come?
Grazie!
19 Comments
Ciao Chiara ti leggo spesso ma raramente commento (mi sono materializzata la prima volta augurandoti buon viaggio in settembre, visto che io ero proprio d poco tornata da un giro in Thailandia). Devo dir che anche qui a Milano le temperature miti del weekend hanno lasciato oggi il passo ad un vento freddo freddo (che sia ora di tirare fuori giacché pesanti?). La gonna é carina, anche se io non vado pazza per la pelle, che ho l'impressione sia un capo non vestibile su di me (soprattutto i pantaloni). Ps. Molto belle foto e resoconto della Cambogia, una curiosità: avete fatto vaccinazioni particolari? Mi riferisco soprattutto alla malaria.
Parlerò dei vaccini per questa zona nella mini-guida tra qualche giorno, comunque il mio medico mi ha consigliato effettivamente di fare il richiamo per alcuni vaccini che avevo fatto l'ultima volta 20 anni fa: tetano, tifo, epatite, ecc… Per la malaria il vaccino ancora non esiste. La probabilità di contrarre la malaria è remota, ma c'è, quindi il medico mi ha consigliato di portare dei farmaci da usare in caso di malattia, se non fosse stato possibile ricevere cure immediate. Inutile dire che non li abbiamo usati (anche se c'è un aneddoto che racconterò) e che sono costosissimi, quindi è a discrezione personale portarli. Più che altro la cosa migliore è portare litri di spry repellente per instetti: se non vieni punto automaticamente non puoi prenderti la malaria. (Io sono stata punta ma non l'ho presa comunque eh, davvero la probabilità è molto molto bassa)
Hai ragione Chiara, ho sbagliato: per la malaria non c'è vaccino, intendevo riferirmi alla profilassi. Non sei la prima che sento a cui è stato detto di non fare la profilassi ma di prendere i farmaci nel caso si sospetti la malattia. Sarei anche io del parere di fare così, perchè mi pare che la profilassi sia tosta. Io per la Thailandia avevo fatto solo il vaccino anti tifo (ero comunque coperta per l'epatite).
Altro ps. Condivido anche io le tue opinioni sullo sfruttamento della manodopera. Purtroppo però non sempre si riesce a comprare Made in Italy o Europe (alcuni capi venduti da altre catene e da negozi sono spesso made in Cina, Bangladesh, ecc). Dovremmo forse resistere di più alle tentazioni e comprare solo da produttori e rivenditori piccoli di cui abbiamo fiducia.
Per di più non è sempre possibile verificare come e dove sono stati effettivamente prodotti i capi di tutte le marche, quindi è un casino districarsi. Senza contare che ormai nemmeno la dicitura made in Italy o Europe è certezza di non sfruttamento. Però almeno le marche di cui si sa per certo andrebbero evitate, in modo da dare un messaggio forte e chiaro.
Dovremmo inoltre, come dici tu, cambiare le modalità di shopping: oggi compriamo maree di cose a prezzi stracciati di dubbia qualità e dubbia provenienza, senza porci domande. Colpa anche delle mode che cambiano ad ogni stagione. E poi c'è troppa poca informazione su questi temi. Dovremmo invece preferire meno cose, di maggior qualità e provenienza certa. Sarà un percorso lunghissimo temo (anche per me eh, lo ammetto).
Provo ad affrontare stoicamente il primo raffreddore di Siegmund. A proposito: anche qui siamo passati dai 25 gradi di domenica ai 7,5 di stamattina – con le raffiche di vento, sennò non ci divertiamo abbastanza.
A parte tutto ciò, ti volevo avvisare che da Aldi (qui è Süd, però) hanno dei bei pezzetti di Parmigiano Reggiano DOP a prezzi italiani. Sorvolerò sul fatto che il mio Pusher italiano tiene il Mulino Bianco, tra cui… Vabbè, hai capito, mi fermo sennò ti spezzo il cuore.
Sul discorso “Sud Est asiatico” sai che sono ancora più rigida di te, salvo poi trovarmi a curiosare da Primark pensando, tra me e me: «scommetto che chi produce tutta 'sta roba lavora anche per le altre grandi catene copione – che però ricaricano immensamente di più». Non è un alibi, infatti esco (quasi) sempre a mani vuote. Anche perché l'odore di similpelle (plastica) è veramente esasperante. Sono soltanto avvilita quando scopro che anche le nostre marche preferite italiane, che fino a pochi anni fa producevano in Italia, hanno scritto “Made in China”. Veramente tanto avvilita, tanto che il più delle volte cambio idea: i prezzi non sono diminuiti proporzionalmente al risparmio ottenuto delocalizzando, anzi. E allora andassero a vendere alle cinesi.
In realtà troverei tutto o quasi anche qui ad Amburgo, da Andronaco, che però è veramente fuori mano e poi mi sembra alzi i prezzi (o almeno era così qualche anno fa, forse potrei provare a tornarci), quindi – avendo la fortuna di tornare in Italia ogni tanto – preferisco portarmi tutto da lì.
Succede anche a me, lo ammetto, di venire attirata (raramente per la verità) dentro H&M o Zara, perché la verità è che l'aspetto dei capi è davvero accativante. Mi basta, però, toccare i capi, sentirne l'odore e leggere l'etichetta 100% poliestere per uscire sempre, ogni volta, a mani vuote.
Ma poi tutto il sistema è malato eh: viene sfruttato il lavoro in Asia per vendere a noi capi a basso costo, che poi a basso costo non sono, visto che la qualità è tale che dopo due lavaggi sono da buttare, quindi in realtà sono cari per l'uso che se ne fa. Io spero che ci rendiamo conto che tutto ciò è assurdo.
Come scrivevo più su, dovremmo cambiare il nostro modo di fare shopping, purtroppo scardinare un sistema così diffuso e capillare mi sembra quasi impossibile, sob.
(Ops, mi è partita via una t in accattivanti)
Avevo sentito parlare dell'articolo da te citato sulle condizioni di lavoro con cui si producono certi capi di abbigliamento e, come hai detto tu, non e' una novita'. Ma d'altronde come potrebbero costare così poco gli abiti se non pagando pochissimo la manodopera? E sai non e' che dobbiamo andare molto lontano visto che qualche anno fa a prato e' stato scoperto un opificio cinese clandestino.
Purtroppo si potrebbero fare tanti esempi del genere! Lo sfruttamento e' da estirpare di qualunque natura esso sia.
Ersy
È vero, mi ricordo benissimo di aver visto un reportage su quella vicenda! (Forse era del programma Report? Non ricordo)
Infatti, come scrivevo più su, è impossibile sapere come effettivamente vengano prodotti i capi, a meno che non vengano fatte indagini e venga esposta la cosa. C'è ancora troppo poca informazione a riguardo e districarsi e avere certezze è difficilissimo.
Però almeno le marche di cui si sa per certo andrebbero evitate: se nessuno più compra, il messaggio arriva con chiarezza.
Cara Chiara condivido assolutamente con te il discorso dello sfruttamento! È davvero triste questa cosa.Anche qua é arrivato l'autunno con tanto di tromba d' aria,in mare!!! Bella la tua gonna!!! Anch'io prima non sono riuscita a pubblicare il commento. Buonanotte,baci- Francy
Prova ad andare da un calzolaio, ieri ho visto una signora che ci portava una giacca di perle..magari può fare qualcosa per pulizia della gonna!
Per il Made in china vi do ragione, ho comprato dei pantaloni di lana da stefanel, pensavo che essendo italiana come ditta è famosa per i filati i pantaloni fossero Made in italy invece solo designed, che per me se non è apple, è un po' una presa per il c..dato che "designed" un pantalone non è proprio la stessa cosa di un software o un pc��
In realtà più che sporca è stropicciata, ma dubito si possa stirare… Magari nel fine settimana provo a fare un giro tra stirerie e calzolai e sento che mi dicono… Grazie per l'idea.
In realtà il termine "design" si usa anche nella moda, anzi se non erro è partito da lì ed è poi stato trasferito anche alla tecnologia.
Comunque sì, anche se il design è italiano, la provenienza spesso è "altra" e spesso fa rima con sfruttamento, ma non sempre: non sempre la dicitura "made in China" equivale a bassa qualità o sfruttamento, quindi è quasi impossibile sapere per certo come siano effettivamente prodotti i capi senza andare a verificare. È un gran casino. Come dicevo in un commento più su, dovremmo cambiare il nostro modo di fare shopping. Nel frattempo almeno boicottare le marche di cui si sa per certo che producono in modo non etico servirebbe a dare un messaggio forte e chiaro.
Buona giornata!
Eh… annosa questione quella sullo sfruttamento dei lavoratori nel campo tessile. Il problema però è più diffuso di quanto si pensi e riguarda anche marche di pregio. Anni fa per lavoro ho messo la testa dentro diverse fabbriche di confezioni in India e non c'erano solo marchi low cost 🙁
(tra l'altro non riguarda solo il tessile ma anche molti altri prodotti)
E' difficile per il consumatore essere informato sulla provenienza del prodotto e sulle condizioni dei lavoratori, so che Greenpeace fino a qualche anno fa stilava delle liste di aziende "non etiche" da evitare (c'era anche la Nestlè tanto per dire..)
Devo ammettere però che negli ultimi anni ho perso un po' di vista la questione e mi è capitato di comprare Zara per esempio 🙁
Come dici tu bisognerebbe comprare meno pezzi ma di maggior pregio, il problema è che la moda macina tendenze e ci spinge a comprare di continuo e per ovvi motivi di budget la maggior parte della gente si rivolge al low-cost. Il problema dovrebbe essere risolto alla fonte, dovrebbero essere i vari governi ad effettuare controlli nelle aziende e a garantire ai lavoratori delle condizioni decenti.
p.s.= quella gonna è troppo cool! e stai sicura che non assomiglia per niente, nè come materiale, nè come fattura, a quelle in circolazione 😉 Ahhh se mia mamma avesse tenuto qualcosa!
Esatto, il problema è il sistema che è perverso dall'inizio alla fine (come scrivevo in un commento più su).
Sì, è noto che anche i marchi di lusso fanno così, ma la cosa mi riguarda meno, perché tanto con i prezzi che hanno non li compro praticamente mai. Ok, non è come boicottare volutamente, ma è pur sempre non comprare 😉 Comunque era stato fatto un servizio su questa cosa, ricordo il nome di Prada, ma ce n'erano anche altri, solo che era un reportage di anni fa, quindi non ricordo tutto.
È un problema veramente grande ed è assurdo che chi vuole sapere deve andare a scovare informazioni. Dovrebbe esserci più informazione, ma purtroppo gli interessi in gioco sono enormi.
Comunque una marca di lusso che produce interamente in Italia (vicino a Milano) è Fratelli Rossetti: italiani, affidabili, ottima qualità, made in Italy davvero e i prezzi pur alti non sono certo come Prada & Co. Io se metto via qualche soldo spesso investo in loro, a Parabiago c'è lo spaccio aziendale.
Che buoni i Baiocchi, sebbene io viva in Italia è un sacco che non li mangio! Buona metà settimana, dai che il weekend è vicino 😀
A presto
Molto carino il tuo blog, tornerò sicuramente a leggerti, mi piace come scrivi!
Mimma ♡ MyFashionSketchbook
ciao Chiara, parto col dirti che quella gonna spacca!! è vero, quest'anno ce ne sono in giro, ma quasi tutte plissé, perchè va di moda il plissettato, per cui vai tranquilla 😉
e poi la tua è vintage e pelle vera 😉
per la questione caldissima dei low cost: ho visto anch'io il reportage… il problema è che si fa davvero fatica a comprare cose che non siano prodotte in quelle terre là, perchè quasi tutti -pure i marchi piu' famosi tipo un Hilfiger, tanto per dirne uno- producono li, o in Turchia o in Bangladesh…
Io non entro piu' da H&M per principio ormai da un po', e avevo evitato anche Mango e Zara per un po', poi sono tornata da Zara un paio di settimane fa perchè la loro collezione autunnale è molto bella…
Il mio intento era di comprare una cosa in meno, ma di qualità… ma a volte le cose di qualità hanno certi prezzi (pur essendo prodotti low cost) che ti dici: "va beh, allora…"
Non ci sono scusanti comunque e lo dico a me in primis! bisognerebbe essere un po' piu' attenti e impegnarsi in battaglie come questa per quel che si puo' (per esempio boicottando questi grandi marchi).
anche perchè davvero, non se ne puo' piu' di uscire tutte vestite uguali!
Pero' mi rendo conto che ci vogliono anche i mezzi per potersi permettere altro e quindi non mi va di giudicare chi si veste nelle grandi catene per necessità.
Sei una grande! I tuoi aggiornamenti del mercoledi mi tirano sempre su il morale!! 🙂
Gio
Tutto verissimo. Innanzitutto il problema dei prezzi: non è che in molti si possano permettere prezzi alti e poi prezzo alto, come dici tu, non è sempre sinonimo di etica, anzi. Quindi uno potrebbe pensare "tanto vale".
Però se si cambiasse modo di fare shopping e si preferissero cose di buona qualità e etiche (evitando le low cost e in generale i marchi che sfruttano), si spenderebbe di più sul momento, ma i vestiti durerebbero di più e ci servirebbe meno roba, quindi alla fine quasi quasi si risparmia. Però questa cultura si è persa proprio a livello mondiale. Servirebbe informazione ed educazione.
Il primo passetto dell'evitare almeno le marche di cui si sa per certo che non sono etiche secondo potrebbe dare un messaggio chiaro e smuovere forse più di quel che pensiamo.
Vale la pena tentare.