Quando, sulla quarta di copertina, ho letto che la protagonista del romanzo è una berlinese trapiantata da moltissimi anni a Istanbul, dove possiede una libreria che vende solo libri gialli e dove risolve crimini in quanto investigatrice dilettante, mi sono subito entusiasmata e sono corsa alla cassa (insieme ad altri nove libri, per la verità, lol).
Non sono affatto rimasta delusa.
La storia è molto coinvolgente, il libro è ben scritto, l’ambientazione è stupenda (Istanbul è una città che mi è piaciuta moltissimo)(qui i miei post in proposito: 1, 2, 3, 4, 5), il caso è ben costruito.
L’autrice ha creato una protagonista simpatica, inoltre riesce ad interessare il lettore anche agli altri personaggi che ruotano intorno alle vicende (cosa che non accade per tutti i libri, nemmeno i gialli). Si vede, secondo me, che chi scrive è una buona osservatrice delle nature umane e dei rapporti interpersonali.
E’ un mistery molto ben fatto, a mio avviso. E poi mi piace che non ci sia l’atmosfera cupa e tetra di altri tipi di gialli. Chiariamoci: mi piacciono moltissimo anche quelli eh, però per una lettura poco impegnata ho apprezzato il fatto che, pur essendo il mistero coinvolgente, l’atmosfera rimane leggera e piacevole.
Mi è anche piaciuto avere uno spaccato di quotidianità di Istanbul, una piccola finestra sulla vita di una occidentale che vive in Turchia. Molto interessante. Kati Hirschel è una quarantenne indipendente e forte, dotata di senso dell’umorismo e acume, ma che ha anche lati vulnerabili e molto femminili. Lascia la Germania per vivere – sola – in una città come Istanbul, dove sta da quasi metà della sua vita; questo denota certamente intraprendenza e carattere. Mi è subito piaciuta.
Un segnale che mi fa capire che un libro mi sta piacendo molto è che la sera inizio a leggere e ad un certo punto mi rendo conto che sono le due di notte e mi sembra di leggere solo da cinque minuti. Potrei andare avanti per ore senza interruzione e non accorgermene.
(Per fortuna l’ho letto nelle vacanze)
Se devo essere proprio del tutto onesta, però, c’è un piccolo dettaglio che mi ha un po’ infastidita: il fatto che la protagonista talvolta spari sentenze categoriche e molto semplicistiche su diversi popoli, tipo “i tedeschi sono avari e vogliono sbarazzarsi degli stranieri”, “i turchi sono ospitali ma corrotti”, “gli italiani sono allegri e mangiano spaghetti” (va beh, più cliché di così manca solo che ci aggiungiamo la pizza e il mandolino)(ma poi quando è stato avvistato l’ultimo mandolino in Italia?).
Insomma la sagra dello stereotipo.
Ora, io mi rendo conto che questo non è un trattato di sociologia, bensì un semplice romanzetto giallo, per carità, quindi capisco che non debba essere sociologicamente preciso e che i personaggi non debbano essere politicamente corretti – anzi spesso i protagonisti dei romanzi sono più interessanti quando non lo sono affatto… Però secondo me la protagonista – questa Kati – sarebbe un bel personaggio, se non fosse per questa sua tendenza a stereotipare, che è alquanto fastidiosa. Peccato.
Mi chiedo anche perché l’autrice abbia scelto di far dire certe cose ad un personaggio che altrimenti sarebbe molto simpatico. Voglio sperare che dietro non ci siano le convinzioni dell’autrice stessa, altrimenti ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli (certe generalizzazioni semplicistiche e superficiali te le aspetti dai turisti poco preparati, non certo da scrittori che hanno vissuto in stati diversi!)(in effetti sarebbe interessante poterla intervistare). In realtà non voglio credere che queste affermazioni rispecchino la visione personale dell’autrice, perché sono convinta che una scrittrice sappia che gli stereotipi raramente sono veri. E che – soprattutto – dicono di più su chi li usa piuttosto che sulle persone cui sono diretti (ricordiamocelo). Il mio modesto parere, però, è che poteva fare a meno di metterli in bocca alla protagonista.
In ogni caso, questo aspetto che mi ha un po’ infastidita è davvero solo un dettaglio marginale che in realtà non rovina né il libro, che è splendido, né il personaggio della protagonista, che è simpatico, sfaccettato e coinvolgente.
Insomma, io vi consiglio questo libro, se in questo periodo siete in cerca di una lettura poco impegnata e molto piacevole.
Devo anche dire che mi sono talmente immersa nell’atmosfera di Istanbul grazie a questo romanzo, che appena l’ho finito ne ho subito iniziato un altro sempre ambientato in città: si tratta proprio di “Istanbul” di Ohran Pamuk, testo di tutt’altra levatura – visto che ha vinto un Nobel – e che in nessun modo può essere paragonato a quello di cui vi ho parlato oggi ovviamente. Mi sta piacendo parecchio, ma ve ne parlerò quando l’avrò finito.
2 Comments
Grazie Chiara!!! Sarà il mio prox libro. Mi ha affascinato la tua recensione!!! Bacioni, Francy
Instabul è una città che da sempre mi attrae e mi respinge allo stesso tempo. E' nella mia lista, ma non so se la visitero' mai… l'architettura mi affascina, la cultura un po' meno… i libri li leggero' di sicuro perchè mi piace leggere e capirne di piu'.
Buon mid-week! Gio