Avevo già accennato al libro della giapponese Marie Kondo sul riordino qui e qui, ma probabilmente lo conoscevate già, perché in Italia è diventato un best seller e ne stanno parlando parecchio, grazie soprattutto alla Pina di radio Deejay (e infatti io l’ho scoperto proprio così).
Avevo scritto di aver iniziato il libro – e il sistema – e oggi vorrei fare il punto della situazione, soprattutto se c’è qualcuno indeciso se intraprendere o meno questo progetto.
La prima regola di questo libro è che o si segue il metodo fin nel dettaglio senza variazioni o meglio lasciar stare, perché altrimenti si è destinati al fallimento. E quindi io cos’ho fatto? Ho subito trasgredito la prima regola e l’ho adattato a me, mi sembra ovvio. Però ho dei buonissimi motivi.
È un libro molto ricco di idee, istruzioni e dettagli, quindi per capire bene va letto (vi consiglio di comprarlo o scaricarlo su Kindle), ma diciamo che – semplificando estremamente – si tratta di mettere in ordine la propria casa (e di conseguenza la propria vita) buttando via il più possibile e occupandosi di una categoria alla volta (quindi non stanza per stanza, ma categoria per categoria).
E fin qui devo dire che è una cosa molto saggia e che posso confermare che funziona alla grande. Se sei costretto a girare per tutta casa e mettere tutte le cose di una stessa categoria in un posto solo (es: libri, riviste, cavi elettrici, shampi…) ci si rende conto finalmente di quanto si possiede e che l’80%di quello che abbiamo è superfluo.
Ora, buttare via roba che si possiede potrebbe sembrare uno spreco, soprattutto di questi tempi: “e se poi servisse?”. Ma la verità è che se fino ad ora sapevate a stento di possederlo, no non vi serve. Il vero spreco è avere in casa cose inutilizzate che potrebbero servire a qualcun’altro o che finiscono imboscate da qualche parte e si torna a comprarle perché ci si dimentica di possederle (come la storia dei miei sei balsami per capelli di questo post).
Un’altra idea saggia del libro è quella di cominciare dalle categorie per cui sentiamo meno attaccamento, quelle che ci risulta più facile buttare via, e lasciare quelle che presuppongono un legame affettivo (come i ricordi) per ultime: meglio iniziare ad allenarsi con cose di minor valore sentimentale, in modo da sapere come regolarsi quando si arriva alle cose più “difficili”. Ottima idea, vero? Ed è a questo punto che l’autrice commette un errore enorme. Fa questo preambolo e poi consglia di partire da… i vesititi! A seguire i libri (!!) e solo in un secondo momento occuparsi di carte varie, oggetti misti come cavi lelettrici, contenitori, stoviglie, shampi, ecc… D’altronde chi non prova più attacamento per shampi e cavi che non per vesititi e libri?
Santo cielo Marie Kondo, ma se completamente scema??
Ma puoi dire ad una donna di partire con le categorie di meno valore e poi intimarci di iniziare dai vesititi?? Cosa vuoi anche, che ci separiamo dalle nostre scarpe?? Ma l’hai mai conosciuta una donna?? Tu vai rinchiusa, amica.
Io ho provato ad iniziare sistemando un paio di cassetti della cabina armadio, ma poi sono un po’entrata nel panico e ho preferito chiudere il capitolo vestiti e accessori per ora.
Ho quindi ricomposto l’ordine secondo le MIE priorità affettive (non quelle di una giapponese strampalata) e ho iniziato tutta l’operazione dalle cose di cui davvero non mi frega nulla, come i cavi, le carte varie (avete presente quelle lettere promozionali, i cataloghi, i richiami di rinnovo abbonamento di questo e quello che vi arrivano per posta, mettete in un angolo per occuparvene “dopo” e ritrovate dopo un anno? Ecco), contenitori di plastica per i cibi (solo a me spariscono spesso e volentieri i coperchi e resto con dei tupper monchi?), detersivi, cosmetici, stoviglie, ecc… Ci sono infinite categorie in casa.
Devo dire che sta funzionando alla grande, perché in effetti i consigli del libro sono molto validi e il metodo Konmari in effetti funziona, almeno con me: vi assicuro che buttare via roba inutile e mettere davvero a posto quella che rimane, aiuta a vivere molto meglio.
Io i vestiti però li lascio per ultimi.
E se hai qualcosa in contrario, cara Marie, vieni pure qui, non ti temo!
Già che siamo in tema “metodo Konmari”, volevo fare il punto della situazione sui due cassetti che ho sistemato. Ovviamente posso parlare solo per quei due cassetti, visto che non ho ancora toccato il resto dell’armadio, perché (come dicevo) lascerò la categoria vestiti per ultima.
In ogni caso, se vi ricordate, avevo alcune perplessità. Ecco com’è andata nelle scorse settimane:
1. Temevo che i capi piegati così si rovinassero: non ho notato peggioramenti a livello di spiegazzature, quindi questo è un punto a favore.
2. Un punto un po’ negativo, invece, riguarda la visibilità (come temevo): è vero che sistemando le cose con questo metodo si vedono tutte, ma se ne vede solo un bordino e a me spesso capita di non riuscire a riconoscere le cose. In questo caso aiuta il tatto (se hai tre cose nere di materiali diversi e a occhio non le distingui, toccarle aiuta) o cercare di spostare un po’ il capo per vederne di più. Io però mi sono trovata un paio di volte a tirare fuori una maglia da un cassetto pensando fosse un’altra. Non ho ancora trovato una vera soluzione per questa cosa.
3. Riguardo alla praticità di riporre i vestiti in questo modo ho riscontrato sia aspetti positivi che negativi:
– Innanzitutto non è vero che i vestiti ben piegati stanno in piedi da soli, qualsiasi cosa sostenga ‘sta Marie Kondo. Non so in Giappone, ma qui in Europa le leggi della fisica fanno sì che le cose molli fatte di stoffa non stiano in piedi da sole. Punto. Quindi per poter davvero tenere le cose in verticale nei cassetti dovrete averli abbastanza pieni, oppure usare dei contenitori da mettere nei cassetti per ridurre lo spazio. Oppure, se non avete abbastanza t-shirt da riempire un cassetto, potete farlo misto e riempire la parte restante con qualcos’altro. Ne vale comunque la pena.
– In ogni caso è vero che sistemare le cose in verticale nei cassetti aiuta a salvare spazio e a vedere tutto, eliminando il problema di non indossare alcune cose per lungo tempo (o dimenticarsi di averle), perché finiscono sul fondo degli armadi. Questo metodo aiuta anche a non accumulare troppa roba, cosa che io personalmente trovo ottima. E poi aprire dei cassetti così zen regala davvero un senso di benessere. Questo è decisamente un punto positivo.
– Una delle mie perplessità più grandi era dovuta al fatto che temevo di mettere tutto in disordine ogni volta che avessi dovuto estrarre una maglietta in verticale, pensando che venissero fuori anche quelle intorno. Devo dire che invece la cosa non è così tragica (insomma, non è molto diverso dal dover tirare fuori una maglietta che è impilata sotto altre cinque), ma forse dipende anche da un equilibrio preciso: se il cassetto è troppo vuoto, i vestiti in verticale non ci stanno, ma se è troppo pieno invece rimangono troppo schiacciati e – oltre a stropicciarsi – estrarre un solo capo è complicato. Quindi bisogna fare attenzione a non esagerare con la densità di vestiti nei cassetti. Se avete troppe t-shirt per un solo cassetto, per esempio, invece che pigiare tutto assieme, mettete le restanti t-shirt in un altro cassetto, che poi finirete di riempire con qualcos’altro. In ogni caso estrarre i capi in questo modo non è particolarmente complicato, se si riempie il cassetto nel modo giusto.
– Ecco, un punto negativo è che in effetti forse rimettere le cose nei cassetti in questo modo è leggermente più complicato: quando si hanno le cose in orizzontale, per rimettere una t-shirt nel cassetto basta aprirlo, posare il capo in cima agli altrie richiuderlo – quindi velocissimo e semplicissimo. Infilare una t-shirt in verticale tra le altre invece richiede un po’ di attenzione in più, ma onestamente pensavo peggio. Anche qui, però, vale il discorso di non stipare troppa roba in un cassetto, altrimenti scordatevi di poter infilare una maglietta in verticale tra le altre.
Per ora questo è tutto.
Il mio giudizio personale è che – fatta eccezione per alcuni dettagli che mi trovano molto poco d’accordo – trovo questo metodo in generale molto efficace e sicuramente valido.
Certo, è un’operazione mastodontica e da spalmare su diversi mesi, visto che l’obiettivo è sistemare in modo radicale la propria casa, ma anche il proprio stile di vita, quindi bisogna essere motivati e non mollare dopo poco. Però ne vale la pena.
Io non sono ancora nemmeno vicina alla fine di questa operazione, eppure trovo già che aiuti davvero a vivere meglio non solo in casa, ma anche con se stessi e con gli altri.
Come suggerisce il titolo, questa è solo la prima parte del punto della situazione sul metodo Konmari ed è quella che riguarda gli aspetti più pratici.
In questo libro, però, ho trovato anche molti spunti psicologici e delle verità sul nostro modo di vivere oggi. Questo mi ha portato a riflettere su alcune cose e di sicuro motiva molto a mettere in atto questo metodo. ve ne parlerò più avanti. Nel frattempo, se volete un consiglio, leggete il libro!
3 Comments
I tuoi post sono sempre dettagliati e spiegati benissimo!! Sono d'accordo con te…i vestiti, le borse, le scarpe…no non c'è la posso fare!!! Bacioni Francy
Grazie! In realtà io ho intenzione di arrivare anche a vestiti e accessori, perché sto sperimentando come senza il superfluo si viva meglio. Però quelle categorie saranno le ultime, perché sono davvero le più difficili per me.
Io ho sempre usato questo metodo per i calzini, che ho in quantità. Per tenerli in piedi mi aiuto infilandoli in scatole di cartone basse IKEA che contengono anche slip e reggiseni abbinati in gradazione di colore. Mesi fa abbiamo fatto un repulisti del materiale elettrico e in effetti abbiamo trovato un sacco di cavi con connettori PREISTORICI che abbiamo subito eliminato! Devo provare con le magliette…
Monica