E’ lunedì mattina, mancano 20 giorni alle vacanze di Natale, fa freddo e sono certa che la maggior parte di noi preferirebbe essere ancora sotto il piumone, nevvero? Credo di avere l’argomento giusto nella manica: il pigiama.
A volte ho la sensazione che la categoria dei pigiami sia tra quelle più sottovalutate nel mondo dell’abbigliamento. Non fraintendete, non si tratta di estetica: io sono della scuola del “tanto chi ti vede” (se non si considera il proprio marito, però in più di 13 anni piper-marito mi ha vista in condizioni peggiori di un pigiama spaiato, quindi amen), sicché – pur avendo un debole per i pigiami eleganti in stile maschile – in realtà spesso dormo con quello che mi capita a tiro. A patto che la qualità non faccia schifo. È questo il punto. Spesso si pensa che “tanto è solo un pigiama” e non si fa molto caso alla qualità, l’ho fatto anche io per anni. Poi mi sono stufata di dormire male. È scientificamente provato che un buon riposo sia assolutamente essenziale per la salute. Dormire con un pigiama che ci disturba il sonno ottiene l’effetto diametralmente opposto ad un buon riposo. Per questo nello scegliere i pigiami spesso sono più attenta alla qualità che per gli altri vestiti (e per questo sto anche estremamente attenta alla qualità delle lenzuola e delle coperte). Innanzitutto un pigiama sintetico che non fa respirare la pelle, ma anzi fa sudare e magari fa pure le scintille quando ci si muove sotto le coperte, in casa mia ha divieto d’accesso (questo fa parte della mia personale battaglia contro il poliestere). Deve essere come minimo di cotone, di pesantezza variabile in base alla stagione. Al limite va bene anche la viscosa, ma nulla di meno. Un’altra caratteristica importante è la vestibilità: un modello troppo aderente mi irrita da morire, ma d’altro canto un modello tagliato troppo ampio che mi fa attorcigliare il tessuto intorno alle gambe quando mi giro nel letto non è da meno. Una volta appurato che materiale e vestibilità siano ok, cerco tendenzialmente di contenere i costi, visto che – di fatto – si tratta pur sempre solo di un pigiama.
Come fare a scegliere, quindi, tra le mille proposte, da quelle più care alle low cost? Quando vale la pena investire e quando risparmiare? La cosa migliore è toccare con mano e provare.
Ecco un paio di esempi testati personalmente dalla sottoscritta.
Esempio 1: Il pigiama azzurrino
Mi ero perdutamente innamorata di questo pigiama in stile vintage di JCrew. La qualità di questa marca non mi ha mai mai mai delusa in tanti anni, quindi sapevo che sarei andata sul sicuro. Il prezzo però non era facile da digerire. Poi su un sito ho visto pubblicizzato un pigiama simile, di cotone, di H&M, quindi ad una frazione del prezzo. Mi sono lasciata ingolosire e – ignorando sia i miei principi sulla moda usa-e-getta che il mio odio per H&M – mi sono precipitata in negozio a prenderlo, senza stare a controllarlo bene, ho solo verificato che mi andasse: voglio dire, con un pigiama di cotone a 20€ non si può sbagliare, giusto? SBAGLIATO! È stato un grosso errore. La prima sera in cui l’ho indossato continuavo ad avere freddo nonostante non fosse ancora pieno inverno. Poi, guardandomi le gambe, mi sono accorta che le righine del pigiama non erano più azzurre e bianche, bensì azzurre (ma di un azzurro strano) e color carne. In pratica il tessuto era tanto sottile da essere trasparente. Eh sì, se si vuole fare un pigiama 100% cotone, risparmiando sui costi per guadagnarci il più possibile, di cotone se ne può usare ben poco – e questo pigiama di H&M era sostanzialmente fatto di niente. Dopo un po’ di utilizzi e di lavaggi ha letteralmente iniziato a disintegrarsi. Io credevo di aver risparmiato, invece ho buttato via 20€. Così alla fine – totalmente frustrata – ho comprato comunque quello più costoso di JCrew – che nel frattempo per fortuna era stato messo in saldo, quindi tutto è bene quel che finisce bene.
Esempio 2: Il pigiama scozzese
Qualche tempo dopo mi sono di nuovo innamorata di un pigiama di JCrew, stavolta scozzese, molto adatto al periodo natalizio. Di nuovo il prezzo è stato un gran deterrente. E di nuovo mi sono accorta che una catena a basso costo (Oysho) ne offriva una versione molto simile, ma a metà prezzo. Scottata dall’esperienza precedente, questa volta ho frenato gli entusiasmi e sono andata in negozio armata di pazienza e attenzione. Ho controllato l’etichetta (100% cotone), ho toccato e verificato che non fosse fatto praticamente di carta velina, ho indossato in camerino rigorosamente sia i pantaloni che la casacca per essere sicura che fossero confortevoli. Ora che l’ho usato e lavato un po’ di volte posso dire che, in questo caso, ho fatto bene a scegliere la versione meno costosa. Certo, conoscendo JCrew, sono certa che il loro pigiama di flanella sia di una qualità migliore e che il tessuto sia più spesso, ma questo di Oysho è più che dignitoso e quindi – per essere solo un pigiama – va bene così.
La morale qui è che non sempre (ma quasi) le catene a basso costo sono un buco nell’acqua, a patto di stare estremamente – ESTREMAMENTE! – attenti al momento dell’acquisto.
Leave A Reply