Come ho già scritto in un post precedente, la mia vacanza ligure si è divisa tra il mare e la casa di famiglia sull’Appennino. Avevo previsto di stare in Liguria un mese, anche un mese e mezzo, ma ero certa che saremmo stati per la maggior parte del tempo al mare, facendo solo un salto nell’entroterra a trovare i parenti. Se quando ero piccola, la casa di famiglia sull’Appennino ligure era senza ombra di dubbio il posto del mio cuore e ci avrei vissuto 12 mesi l’anno – facendo un sacco di storie quando i miei decidevano di strapparci dalla mia estate perfetta per portarci al mare, ad un certo punto la situazione si è ribaltata. Negli ultimi anni ho frequentato pochissimo il paese di origine della mia famiglia (paterna), trovandolo in qualche modo noioso e molto limitato nell’offerta d’intrattenimento. Ci facevo un salto giusto a Pasqua per far visita alla famiglia, ma se venivo in vacanza in Liguria, preferivo di gran lunga stare nella casa al mare (e comunque non che venissi poi spesso in Liguria, prediligendo il resto del mondo). D’altronde pre-figli, le vacanze al mare erano un inno al relax e alla nullafacenza. La mattina ci si svegliava quando si voleva e si faceva colazione sulla terrazza godendosi la vista del mare all’ombra della buganvillea, oppure si scendeva in paese per fare colazione in piazza dopo aver comprato il giornale. La giornata era trascorsa in spiaggia, il mio momento preferito per nuotare è sempre stato verso le 13, quando la spiaggia e il mare si svuotano perché tutti vanno a pranzo. Per il resto in genere me ne sto sotto l’ombrellone a leggere, fino al momento della doccia, seguita da un aperitivo con amici e poi cena o a casa in terrazza ammirando il sole che scompare e le luci del paese e della costa che si accendono e il cielo che diventa nero, oppure in qualche ristorante lungo la costa con amici. Per non parlare delle frequenti gite in Costa Azzurra, a Eze (meravigliosi i giardini botanici), Nizza, Cannes, Monaco, Mentone e via dicendo, dove gironzolare su e giù per paesini medievali, fare shopping, cenare vista mare… Ecco, nulla di tutto questo esiste più. Tornerà, ne sono consapevole, anche prima di quanto io creda probabilmente, però al momento tutto ciò è solo un ricordo. Questa estate è stata quanto di più lontana dal concetto di vacanza e di relax si possa concepire. Dopo i primi dieci giorni di mare con due minions di 10 mesi e neanche 4 anni ero veramente al limite delle forze. So di aver già scritto anche questo, ma repetita iuvant: il mare con due bambini così piccoli è veramente massacrante.
E così ad un certo punto siamo scappati sull’Appennino, attirati da un clima più fresco, molto meno caos, una casa molto grande e un giardino in cui non doverli controllare a vista ogni secondo. Erano anni che non stavo per più di un paio di giorni al paesello. Poi quest’anno è cambiato tutto. Non me ne sarei andata più. E non solo perché mi sono accorta di quanto i miei figli stessero bene, si stessero divertendo e adorassero stare lì, ma perché ho riscoperto io stessa la bellezza di una vita più semplice, di un’estate più tranquilla, più libera. Un’estate da passare a contatto con la natura, a raccogliere la verdura nell’orto, a giocare con galline e gatti, a pucciare i piedi nel fiume, a camminare tra i boschi, a raccogliere more. Mi commuove vedere piper-baby1 che la mattina s’infila le scarpe, esce e può correre in giardino o giù nel campo, dove trova sicuramente qualche parente o qualcuno che lo conosce. Sono grata di poterlo lasciare libero in un ambiente sicuro e anche di vederlo fare le cose che facevo io da piccola, come pucciare il dito nella fontana in piazza per fare dei disegni sul bordo di pietra, o costruire casette di sassi e legnetti, o cercare le rane intorno alle vasche dietro la casa. I ricordi e le sensazioni del passato qui sono davvero forti e ti travolgono all’improvviso, scatenate da dettagli minuscoli e inaspettati. Il suono delle voci di chi è in cucina che sale su per la scala di marmo al centro della casa e ti raggiunge nelle stanze da letto al terzo piano, ed è un attimo credere di sentire ancora la voce di mia nonna e di mia zia che litigano su cosa preparare per pranzo. La sensazione sotto i piedi di quei tipici pavimenti liguri – in questo caso risalenti a quasi un secolo fa – freddi in qualsiasi stagione. Le feste di paese, con quel cibo che – vivendo all’estero – mi ero dimenticata quanto potesse essere buono e la musica e le luci e la gente che ride e balla e io che da piccola credevo fosse il massimo della vita e onestamente ne ho riscoperto il fascino e quindi sì, credo ancora che lo sia.
Insomma questa estate ligure non è stata una vacanza, non è stata minimamente riposante e anzi, alla fine avrò bisogno di una vacanza vera (ossia: mollare i minions un paio di giorni ai miei suoceri e DORMIRE). Però è stata un’estate bellissima.
Questa è la storia di un grande amore che si era un po’ sopito, ma che si è definitivamente risvegliato. Adesso che è quasi ora di ripartire, mi sento come la me tredicenne a cui si spezzava il cuore ad andarsene da qui.
Tornerò. Presto.
2 Comments
Che meraviglia queste foto!
Anche a me mancano le estati dai nonni, nel mio caso però sulle montagne tra Abruzzo e Molise 🙂
Chissà che posto splendido!