Questo post in realtà è in preparazione da un sacco di tempo, da molto prima che scoppiasse il disastro Covid-19, come testimonia il mio ultimo post sulla sostenibilità. Poi è successo quel che è successo e anche io, come la gran parte delle persone, sono stata impegnata – almeno mentalmente – da altro, tra crisi d’ansia, preoccupazione per i miei cari, per il futuro, eccetera, eccetera e l’ho lasciato da parte. Poi, però, tra i vari meme e vignette che girano in questo periodo (alcune molto divertenti per fortuna, perché aiutano a stemperare l’ansia), giorni fa ne ho letta una che ho trovato illuminante e con cui mi trovo totalmente d’accordo. Era in inglese, ma la traduzione più o meno è: “sembra che la Terra ci abbia mandati in castigo ognuno nella nostra stanza a pensare a quello che abbiamo combinato“. ESATTO. Ma non solo, non ci ha solo mandato in castigo, ci sta anche facendo pagare un prezzo salatissimo con perdite di vite enormi. E intanto l’aria, le acque e la natura si ripuliscono. Stanno facendo detox dall’essere umano, come dimostrano i dati che arrivano quotidianamente sulle condizioni dell’inquinamento. E infatti dai primi studi non sembra un caso che il virus sia stato più aggressivo nelle zone più inquinate (Hubei in Cina e Lombardia in Italia per esempio): l’inquinamento non fa male solo alla natura, ma anche all’organismo umano. Ed ecco il risultato. Questa volta saremo in grado di imparare la lezione?
Ecco allora che questo mi sembra il momento ideale per pubblicare finalmente questo post. Oltre a tutto quello che possiamo fare per rendere la nostra permanenza su questa Terra più sostenibile e meno nociva (alcune idee sono raccolte sotto l’etichetta ecologia), nel post di oggi voglio concentrarmi sull’abitudine di comprare comprare comprare che negli ultimi anni è diventata assolutamente la norma nella nostra società consumistica. Infatti mentre noi siamo in quarantena, fuori è arrivata la primavera e la tentazione di fare shopping (appena si potrà uscire di casa oppure online) è altissima. Diciamolo: lo shopping è una delle cose belle del cambio di stagione. Ma io sono qui oggi per convincervi a non farlo.
Per quanto mi riguarda, già quest’autunno/inverno, complici le spese della casa nuova e in generale il trasloco, il mio shopping è stato molto scarno, quasi nullo direi. Per la stagione in arrivo voglio fare del mio meglio per mantenermi su questa rotta. Questo non solo perché, negli anni, i miei principi si sono sviluppati in una certa direzione e il mio modo di vivere si sta modificando di conseguenza, ma anche perché qualche tempo fa mi sono imbattuta in due concetti che risuonano perfettamente con i miei valori, anzi di più: fungono da stella polare, da manuale su come comportarmi per vivere nel modo migliore che posso.
Tanto per cominciare, ho letto la frase “you cannot buy your way to sustainability“, che potremmo tradurre con “la sostenibilità non può essere comprata” o “la sostenibilità non si raggiunge comprando”. Qualsiasi cosa nuova si compri, infatti, ha un peso sull’ambiente: le energie usate per produrre tale cosa, i processi spesso chimici che questo richiede, il carburante per portare i prodotti finali nei negozi o a casa di chi ha ordinato online, per finire col fatto che prima o poi (se si tratta di fast fashion più prima che poi), queste cose finiranno ad inquinare sotto forma di rifiuti di qualche tipo. Per avvicinarci alla sostenibilità delle nostre vite, dovremmo tagliare drasticamente la quantità di ciò che compriamo – e fare molto più caso a COSA esattamente stiamo comprando. In generale – e vale per tutto – è meglio comprare roba prodotta in zona, sia che si parli di cibo che di tutto il resto, anche vestiti. Ma la cosa più sostenibile, in realtà, è NON fare nuovi acquisti (a parte il cibo intendo).
Il secondo concetto in cui mi sono imbattuta e che mi ha fatto riflettere molto mi è apparso sotto forma d’immagine. Questa:
Creata dall’illustratrice di Toronto Sarah Lazarovic, funziona sostanzialmente come la piramide dei bisogni di Maslow, o ancora più semplicemente come la piramide alimentare che ci insegnavano alle elementari, dove più in basso, alla base, ci sono gli alimenti le azioni che dovrebbero costituire la parte maggiore di come mangiamo ci comportiamo e man mano che si sale gli alimenti le azioni che devono essere assunti compiute in quantità minori e meno frequentemente.
Questa piramide ci illustra delle soluzioni di buon senso per essere sostenibili, anzi possiamo proprio considerarle le istruzioni per un vivere più sostenibile.
Possiamo usare questa piramide anche come scaletta da seguire quando vorremmo andare a comprarci qualcosa. Quando, per esempio, le vetrine e lo shopping online, pieni di quelle meravigliose cose primaverili, ci ammaliano come il richiamo delle sirene, spesso basta aprire l’armadio per scoprire che abbiamo già delle versioni di quelle cose o comunque tanti begli abbinamenti che non hanno nulla di meno. Fare shopping nel proprio armadio è sempre la soluzione migliore, ma anche scambiarsi i vestiti con le amiche lo è: si porta una ventata di novità nel guardaroba senza spendere una lira e senza impatto ambientale.
Tale piramide funziona anche quando, per esempio, ci serve assolutamente qualcosa che non abbiamo. Chessò, una camicia bianca per un colloquio, un abito per una cerimonia, una borsetta elegante per un’occasione particolare, un set da fonduta per una cena…
In tutti questi casi, prima di lanciarci all’acquisto, dovremmo invece, in quest’ordine (seguendo la piramide):
1. usare ciò che già abbiamo.
Quanto, QUANTO sottovaluto sempre questa soluzione così ovvia?! Step numero uno: respirare profondamente, concentrarsi, aprire l’armadio e capire come far funzionare ciò che già abbiamo. Perché molto, molto spesso è possibile. Se invece questo non funziona proprio, chiediamoci quanto sfrutteremo la tal cosa, se andiamo a comprarcela nuova. Siamo sicuri che dopo il colloquio metteremo quella camicia bianca anche per andare al lavoro, o non siamo i tipi da camicia bianca e ci serve solo per il colloquio? Quanti matrimoni è probabile che avremo nei prossimi anni, che giustifichino l’acquisto di un abito o un accessorio apposta? Quante cene a base di fonduta pensiamo veramente di fare in futuro? Se l’acquisto puzza già di roba che finirà dimenticata in un angolo dell’armadio, meglio evitare. NOTA: per poter usare quello che abbiamo per anni e anni, senza dover comprare continuamente roba nuova, la chiave è comprare cose di qualità (quindi non il low cost che dopo due giri in lavatrice finisce la sua triste vita, ma cose fatte bene con materiali di qualità) e trattarle in modo da allungare la loro vita il più possibile (a breve in arrivo un post su come far durare i vestiti più a lungo).
2. Farci prestare l’oggetto in questione.
Anche questo non mi viene in mente mai, invece è talmente ovvio! Quanti vestiti da cerimonia ho nell’armadio a fare la muffa, che avrei potuto prestare alle mie amiche senza che dovessero fare shopping? Tanti. Quanti di quei vestiti non sarebbero nel mio armadio a fare la muffa se mi fossi fatta prestare un vestito per una cerimonia da un’amica anziché comprarlo nuovo per metterlo due volte? Tantissimi. Ma onestamente anche il set per la raclette è stato un acquisto inutile, avremmo potuto continuare a farci prestare quello dei piper-suoceri, per quella volta all’anno in cui lo usiamo…
3. Fare scambio con qualcuno.
Dopo che la mia amica Diana si è fatta prestare da me un certo paio di scarpe un numero imprecisato di volte, mi sono resa conto che lei le usava più di me e che non aveva senso continuare così. Dal momento che lei invece metteva sostanzialmente mai una camicia che io invece adoravo, abbiamo deciso di fare cambio. La sensazione è quella di avere una cosa nuova, come quando fai shopping, ma è gratis e non si produce spazzatura. E’ per questo che è meglio comprare meno cose ma di qualità anche se costano molto di più: restano in buono stato più a lungo, così possono avere una seconda o terza vita anche dopo che noi non le usiamo più, non vanno ad intasare le discariche del mondo, non vengono bruciate inquinando l’aria e si risparmia pure.
4. Comprare usato/vintage.
Come dicevamo, cose già esistenti hanno logicamente un impatto ambientale minore, visto che non devono venire prodotte di nuovo. E verosimilmente si trovano nella nostra zona, in qualche negozio di vintage o usato (o nell’armadio delle amiche, vedi punto precedente), quindi non arrivano dall’altra parte del mondo. E poi la roba vintage solitamente è di qualità più alta: una volta i vestiti erano fatti per durare, a lungo, non per venire buttati via dopo una stagione o un paio d’anni. La qualità dei vestiti di una volta non è lontanamente paragonabile a quella dei vestiti di oggi (infatti andare a fare shopping negli armadi delle nonne o prozie è sempre fonte di grandi tesori). A questo aggiungo anche “comprare roba più cara”: è uno stratagemma che aiuta a comprare meno (se le cose sono care, possiamo comprarne di meno) e aiuta anche a far durare le cose molto più a lungo (con quello che l’ho pagato!) anziché buttare e ricomprare a ruota. E poi comprare roba di qualità, che non si rovina subito, aiuta a ridurre la necessità di nuovi acquisti. E naturalmente dire NO a poliestere, acrilico, sintetico che sono plastiche e inquinano.
5. Farcelo da soli.
Se davvero non lo abbiamo già, nessuno può prestarcelo e non lo troviamo usato, c’è ancora un modo per non dover andare a comprare qualcosa di nuovo: farcelo. O farcelo fare, se come me non sapete da che parte si guarda una macchina da cucire. Come scrivevo in un post di qualche tempo fa, se mi facessi fare i vestiti su misura probabilmente sarei vestita meglio (le cose prodotte in massa con parametri identici per tutti stanno perfettamente bene solo ai manichini – e a volte neanche a loro), vestirei in modo molto più personale e comprerei meno cose, visto che i prezzi sono logicamente più alti. Senza contare che così darei più lavoro a qualcuno della mia zona, anziché alle grandi multinazionali che inquinano e sfruttano i lavoratori del terzo mondo. E’ una strada che sto valutando di intraprendere.
6. Comprare qualcosa di nuovo.
Questa dev’essere l’ultima spiaggia, quando proprio non c’è altra scelta – ma, come abbiamo visto fin qui, c’è praticamente sempre un’altra scelta. Certo che uscire da un negozio con qualcosa di nuovo è una sensazione bellissima, però ho scoperto che saper resistere, vedere i propri risparmi aumentare anziché assottigliarsi ed essere consapevoli e totalmente padroni di quello che si sta facendo, anziché cedere alle tentazioni e ai bisogni indotti dal marketing, dalla pubblicità e dagli influencer… è una sensazione molto, MOLTO migliore.
Voi avete già provato a non comprare praticamente nulla per tutta una stagione? Potreste pensare di farlo?
Immagine del titolo: Image by Olivia Gonzalez from Pixabay
8 Comments
Ciao Chiara…un post davvero molto bello e che condivido in pieno. E se mi permetti aggiungerei anche un altro punto: con i problemi che il mondo sta attraversando ci stiamo davvero, ma davvero rendendo conto che, armadi pieni, beauty trousse stracolme, sono nulle rispetto al fatto che oggi chiunque piò morire. Sui social i primi giorni ho sentito gente dire che anche se stava a casa avrebbe continuato a fare shopping online come se l’unico problema fosse non uscire, poi le cose sono precipitate e le futilità sono passate in secondo piano.
E comunque in tempi non sospetti applicavo già i punti 2 e 3, cercando di scambiare vestiti con cugine, sia io che mia sorella, avendo per fortuna una piccola cerchia fidata, semplicemente per una questione economica.
E sono pienamente d’accordo con te sul punto 6, chiunque su Instagram abbia un minimo accettabile di followers “consiglia” qualunque cosa ed è davvero insopportabile.
Buona serata Ersy
Grazie! Sono molto, molto d’accordo.
Condivido anche io il post in tutto e per tutto, purtroppo non ho l’abitudine di fare prestiti di vestiti con le amiche, ma ho una rete di conoscenze che mi passa/a cui passo i vestiti che non si usano più. Complice un corso di taglio e cucito ho iniziato a cucire un po’ di cose semplici per me (adesso però mi impegno a usare le stoffe – tante regalate o avanzate a mamma e nonne – e a non comprarne più!), praticamente la roba nuova di negozio è solo quella che mi regala mia madre (una volta all’anno perché la sgrido). L’unica occasione in cui potrei comprarmi roba nuova è per i matrimoni e le cerimonie, ma ultimamente sono riuscita a utilizzare quello che avevo già e sono molto soddisfatta. 🙂
Anche io mi sto impegnando a non comprare quasi più roba nuova o almeno a fare in modo che siano cose vintage/usato. E sto seriamente pensando di farmi fare qualcosa su misura se proprio proprio mi serve… o almeno a prendere in considerazione quest’opzione più spesso, perché è una cosa che al giorno d’oggi non usa più ed è un gran peccato.
Comperare vintage fa essere anche originali e diversi perché sono cose meno commerciali e di moda quindi ci si distingue!! Ho fatto anni ad utilizzare abbigliamento regalato più per una questione economica che altro ma non mi piaceva moltissimo all epoca (ero adolescente) ora la vedo come un opzione! L unica cosa che cedo a comperare ancora sono le t-shirt quelle proprio non riesco a fare a meno..
Bel post comunque!
Grazie! Sì, il vintage è sempre un’ottima idea!
Ciao Chiara! Non credo di aver mai commentato ma ti leggo da tanti anni, oggi complice la situazione e l’argomento che mi interessa molto mi sono decisa ad uscire dal guscio.
Prima di tutto: che bello questo post e come mi sento di condividere ogni parola che hai scritto in questo momento. Questa quarantena mi sta dando molto di riflettere molto sul mio stile di vita, da un lato convincendomi che ci sono davvero tante cose da cambiare, dall’altro che non credo sia possibile conciliare uno stile di vita più sostenibile con il vivere in una grande città con tutta la pressione sociale che ciò comporta. Ma questa è una riflessione molto lunga che meriterebbe tempo a sé…
Mi ricollego a questo post per farti una domanda: tu riesci ancora – diciamo abbastanza facilmente – a trovare cose di qualità? Mi riferisco soprattutto a vestiario ed accessori. Da almeno un paio d’anni ho ridotto di molto gli acquisti nel fast fashion, per problemi di taglia faccio molta fatica ad acquistare nel vintage e difficilmente mi piacciono e potrei sfruttare nella mia vita i capi proposti da piccoli makers (un po’ per il fatto che fanno pressoché taglie uniche, un po’ perché non ho mai trovato qualcuno che facesse cose che mi piacciono e che posso sfruttare nella mia vita lavorativa, dove non posso andare con braghettoni e tshirt…e cosa compro a fare una cosa che non mi piace?). Anche volendo spendere di più, trovo davvero difficile comprare capi fatti bene, con buoni tessuti e prodotti eticamente che durino nel tempo. Ho fatto negli ultimi anni acquisti costosi, controllando rigorosamente materiali e quando possibile provenienza, che si sono rivelati ciarpame al livello del fast fashion, con giramento di scatole parametrato al denaro speso…
Tu come hai risolto?
Te lo chiedo perché so che, come me, sei un’amante di MaxMara (della quale vorrei indagare se tutte le linee sono almeno prodotte in Italia, cosa che dubito) 🙂
Camilla
Eh sì, stilisticamente amo molto Max Mara, ma posseggo pochissime cose di quei marchi per ovvi motivi di prezzo. Comunque no, non credo che il loro sia tutto made in Italy, come nel caso di qualsiasi stilista e qualsiasi marca purtroppo. Il grosso problema della moda è che è veramente quasi impossibile rintracciare in modo sicuro la provenienza e la produzione delle merci. Di fatto c’è ancora pochissima trasparenza. Infatti io non ho ancora risolto e cerco di barcamenarmi come meglio riesco.
Per esempio in questi ultimi anni mi sto trovando molto bene con Closed, che è una marca di Amburgo che produce in Italia, la qualità è abbastanza buona anche se i prezzi non sono bassi. Anche in questo caso, però, è quasi impossibile sapere dove e come esattamente siano prodotte le cose (“made in Italy” in realtà dice molto poco).
J.Crew è un marchio americano che produce prevalentemente in USA, non è dato sapere altro, e che ha anche taglie più grandi della media dei marchi europei e mondiali.
Ci sono ancora pochi marchi che sono totalmente trasparenti e, come dici tu, se non ci piacciono o non ci sono le taglie giuste, rimane davvero pochissima scelta.
Il vintage è un’ottima soluzione, ma in effetti per sua natura si deve prendere quello che c’è e non si può avere la taglia giusta di una cosa che ci piace moltissimo, quindi va a fortuna, però secondo me vale la pena monitorare sempre e tenere d’occhio i negozi, perché comprare usato è infinitamente meglio che comprare nuovo (e poi i vestiti di una volta sono fatti molto meglio).
Io sto davvero iniziando a credere che la grossa soluzione, se si vuole assolutamente avere un capo nuovo, sia farselo fare. Possiamo scegliere noi la stoffa (quindi possiamo scegliere la qualità), diamo lavoro a qualcuno della zona, i capi sono fatti infinitamente meglio che nel fast fashion e – cosa importantissima se si ha una taglia non facile: sono creati apposta per il nostro fisico. Ovvio che costano molto di più, ma hanno vita molto più lunga di ciò che si trova nei negozi.
Personalmente per questa stagione cercherò di non comprare quasi nulla (che è sempre la scelta migliore), ma se proprio devo, sto seriamente valutando il su misura…