Titolo: Il turista nudo
Titolo originale: The naked tourist
Autore: Lawrence Osborne
Anno: 2006
Genere: letteratura di viaggio
Editore: Adelphi
Pagine: 272
“Quante volte nella vita capita di pensare che stai cercando l’altro? Ma quando poi l’altro te lo ritrovi di fronte in carne e ossa, e senza lo scudo della tua civiltà a proteggerti, il trauma è violentissimo. Tutte le pulsioni ataviche – paura, insicurezza, sciovinismo tribale – tornano a galla, strappate dal fondo limaccioso della psiche dove le avevano sepolte anni prima una sfilza di insegnamenti illuminati. E adesso si risvegliano di colpo, mentre l’adrenalina va in circolo e ti arriva all’anima. […] A volte basta anche poco – ad esempio, trovarsi in un posto dove nessuno parla una parola del cosiddetto linguaggio globale. E dove non esistono infrastrutture turistiche.”
Avevo letto “cacciatori nel buio” dello stesso autore, che mi era piaciuto molto e, nell’attesa che uscisse il suo prossimo romanzo*, avevo deciso di tornare indietro di 15 anni e leggere uno dei suoi primi libri, ovvero Il turista nudo. (*Nel frattempo il romanzo nuovo è uscito e io sto per comprarlo, anzi più avanti quest’anno ne uscirà ancora un altro ambientato a Hong Kong e già non vedo l’ora)
Lawrence Osborne è stato giornalista e scrittore di viaggi per anni e infatti questo (a differenza del libro che ho nominato prima) non è un romanzo, bensì il resoconto di un suo viaggio molto particolare di ormai ben oltre un decennio fa (in effetti Il turista nudo è più simile a quest’altro libro di Osborne che avevo letto, molto carino). Dopo aver letto la descrizione, l’ho comprato seduta stante. Ero molto curiosa di leggerlo ed ero piena di aspettative, perché il punto di partenza del viaggio è il desiderio dell’autore di scoprire qualche posto ancora non turistico della terra e di venire in contatto con popolazioni ancora quasi allo stato primitivo. Non stavo nella pelle.
Ho provato fin da subito un misto di amore e odio per questo libro. L’eccitazione di un viaggio, di una nuova partenza, che la scrittura di Osborne riesce a regalare, è stata incrinata già a pagina 46, dove l’autore fa sfoggio del suo male privilege (di cui è tipicamente inconsapevole) con un’arroganza per cui lo avrei volentieri preso a sberle.
Ed è andata avanti nello stesso modo. Le descrizioni dei viaggi e le avventure dell’autore mi hanno affascinato e tenuto incollata al libro, alternate però a momenti di somma irritazione per l’atteggiamento un po’ saccente e – a me è parso – pure un po’ ipocrita, che ho riscontrato in Lawrence Osborne. Il punto di partenza de Il turista nudo, infatti, è che l’autore vuole viaggiare nel posto più selvaggio e remoto della terra perché secondo lui tutto il resto del mondo si è turisticizzato, è ormai tutto uguale (lui lo chiama il grande Ovunque) e non vale la pena di essere visto. E già questo, a mio avviso, denota una superficialità che da un autore e scrittore di viaggi non ci si aspetta. Ora, non nego che la tendenza oggi sia quella di globalizzare tutto il possibile e di rendere qualsiasi cosa facilmente accessibile e fruibile. La tendenza generale è un po’ quella del “turismo fast-food”. Detto questo, non è però tutto così e molto dipende anche dal singolo viaggiatore, quindi se uno non riesce a scavare più a fondo e a fare esperienze più genuine, la colpa è anche un po’ sua… forse Osborne dovrebbe farsi un esame di coscienza. Ma soprattutto, se il punto è poter toccare con mano realtà ancora incontaminate, è evidente che questo non può avvenire se non contaminandole. L’autore quindi idealizza l’isolamento delle popolazioni primitive e cosa fa? Non solo ci va in viaggio, ma ci scrive anche un libro che verosimilmente renderà quei luoghi più conosciuti e quindi oggetto del desiderio turistico di molti. La coerenza proprio.
Detto questo, è innegabile che il resoconto di questo viaggio sia affascinante da morire, soprattutto se come me sognate di essere una Lara Croft, ma siete invece più i tipi che hanno una crisi di panico se entra in casa un ragnetto dal giardino e quest’esperienza tutto sommato soft nella giungla cambogiana vi ha segnato per il resto della vita. Se, insomma, l’unico modo per soddisfare il desiderio viscerale di fare un viaggio del genere è quello di farlo tra le pagine di un libro, Il turista nudo è il libro che fa per voi. Se riuscite a superare il fastidio nei confronti dell’autore.
Va detto che in effetti sul finale si riscatta un po’, diventa più umano… o forse è solo che mi è piaciuto vederlo soffrire e quindi mi è diventato più simpatico, chissà.
Mi è piaciuto molto anche il modo in cui è stato concepito il viaggio: arrivare alla foresta totalmente selvaggia di Papua per gradi, partendo dal futurismo urlato di Dubai, che in quegli anni stava venendo trasformata in un enorme parco dei divertimenti (io ci sono stata dieci anni dopo l’autore e confermo) e digradando verso un’Asia sempre più remota passando per l’India, Bangkok, Bali e poi le Andamane distrutte dallo tsunami e in procinto di essere ricostruite come le nuove Maldive. Benché molte delle osservazioni e delle analisi di Osborne siano acute e taglienti, e la sua scrittura spesso ironica, tutte cose che apprezzo molto di questo autore, non posso fare a meno di pensare che con un viaggio del genere ci avrebbe potuto scrivere tranquillamente tre libri, se fosse andato un po’ più in profondità e ci avesse detto di più. Ho invece la sensazione che, anche su questo, sia stato un po’ superficiale e abbia buttato via un sacco di materiale.
Ho apprezzato invece la breve storia della nascita del turismo che l’autore fa all’inizio del testo. Potrà forse risultare un pelo noiosa, però io trovo che sia interessante e che inquadri bene il resto del libro.
Ovviamente a fine lettura ho dovuto placare la mia sete antropologica leggendo letteralmente TUTTO quello che mi è riuscito di trovare sulle popolazioni di Papua. E ho deciso che leggerò anche tutto quello che ha scritto l’antropologa Margaret Mead (benché io sia consapevole che diverse sue teorie siano state molto contestate).
Per concludere, il mio giudizio su Il turista nudo, in breve, è che mi sarei aspettata più profondità e alcune cose mi hanno infastidita, però è un libro indubbiamente affascinante e Osborne decisamente sa scrivere (beh che scoperta).
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