Titolo: L’acqua del lago non è mai dolce
Autore: Giulia Caminito
Anno: 2021
Editore: Bompiani
Pagine: 304
Questo è uno di quei libri di cui si è parlato tanto appena erano usciti perché l’ufficio stampa lo aveva inviato a tappeto a blogger, instagrammer, giornalisti e via dicendo, quindi c’era molto rumore intorno a questo titolo. Le recensioni erano prevalentemente positive, cosa che però non sempre tengo in considerazione perché quando ti regalano qualcosa è difficile parlarne male, quindi prendo sempre con le pinze le recensioni richieste. Poi però ho visto che è stato candidato al Premio Strega e ha vinto il Premio Campiello, quindi evidentemente le recensioni avevano ragione, ho pensato. Infine, quando sono entrata in Libreria in Italia durante le vacanze di Natale e la commessa mi ha detto che L’acqua del lago non è mai dolce era stato il libro più bello che avesse letto nel 2021, mi sono convinta e l’ho comprato.
Il romanzo narra la storia della protagonista (il cui nome viene menzionato una sola volta alla fine) dall’infanzia fino alle soglie dell’età adulta; segue la sua crescita negli anni duemila alle porte di Roma, in una cittadina sul lago di Bracciano. Nasce e cresce in una situazione di disagio e si trova poi a dover affrontare altre varie sfortune, l’emarginazione, il giudizio e pregiudizio della società, la sua inadeguatezza, il desiderio di essere come gli altri. E’ un romanzo di formazione, duro e crudo. (Qui la pagina ufficiale sul sito di Bompiani)
Sono quindi d’accordo con le recensioni positive di L’acqua del lago non è mai dolce? La risposta sinceramente è no. A livello tecnico e teorico, capisco perché sia stato nominato per vari premi (e qualcuno lo abbia anche vinto): è molto ben scritto, ha un ottimo stile, il romanzo è ben costruito, i personaggi e le situazioni sono reali, ben caratterizzati e architettati e ci sono dettagli forti (dal punto di vista tanto letterario quanto emotivo)… però questa storia non è riuscita a coinvolgermi e soddisfarmi fino in fondo.
Non perché sia una storia cruda, una storia di ingiustizie, di esclusione, una storia senza redenzione – tutte caratteristiche che in realtà possono rendere una storia degna di essere raccontata – quanto piuttosto perché la protagonista – che forse cerca anche di uscire dalla sua situazione sfortunata – non ha in realtà gli strumenti per affrontare la vita, per muoversi nel mondo e non riesce a trovare la via per ribaltare la situazione. La sua rabbia si consuma senza che cambi nulla. Ecco, forse il mio problema è proprio con la protagonista e la sua immobilità, il suo rancore per la sfortuna della vita che sfocia in rabbia talvolta distruttiva, ma mai si tramuta in spinta a fare effettivamente qualcosa di propositivo per cambiare la sua condizione. A differenza di altri membri della sua famiglia, come la madre, il fratello, i gemelli, che cercano di trovare una loro strada, fare del loro meglio o essere contenti di quello che hanno – e in generale sembrano avere dei valori – il rancore della protagonista sembra fine a se stesso. Questo personaggio non riesce ad avere un’evoluzione, rimanendo impantanato nella sua condizione. La limitatezza di orizzonti sembra essere caratteristica tanto della provincia romana (la gran parte della storia si svolge ad Anguillara), quanto della protagonista stessa.
Un altro aspetto che mi ha infastidito di L’acqua del lago non è mai dolce è che, nonostante la storia sia interamente raccontata in prima persona dalla protagonista , che su carta ci dice cosa pensa e come si sente, ho avuto per tutto il tempo la sensazione che in realtà non vada davvero in profondità, ma che anzi il livello dei pensieri rimanga sempre relativamente superficiale. I suoi sentimenti sembrano mancare di intensità. O forse quella è effettivamente tutta la profondità che la protagonista ha da offrire.
La speranza di rivalsa – della protagonista e del lettore – non si realizza, rimane frustrata fino alla fine. Probabilmente è proprio questo il senso del libro, purtroppo però non posso dire che mi abbia lasciato poi molto di buono. Trovo anzi che sia avvolto da pessimismo e sfiducia nei confronti della vita. Non che questo sia generalmente un male: non tutte le storie devono essere positive e avere un lieto fine e anzi spesso l’arte è più interessante quando non ce l’ha. Per quelle che sono le mie preferenze, però, la negatività assoluta e fine a se stessa su di me ha poco appeal.
Diciamo che consiglio L’acqua del lago non è mai dolce ai lettori cui piacciano storie amare, vere, ben scritte, non per forza positive, in cui non sempre il lieto fine arriva.
P.S.: ho scritto questa recensione ben prima dell’invasione russa in Ucraina, ma dato che raramente ho tempo per dedicarmi al blog, ci ho messo una vita a fare le foto e a pubblicarla. Se come me in questo periodo siete preda di attacchi di ansia e generale malessere e riuscite a stento a staccarvi dalle news, forse questo non è il libro giusto. Al momento punterei su qualcosa di più leggero, positivo e spensierato (infatti io ho messo in pausa la mia lettura attuale). Se volete potete dare un’occhiata alla mia pagina Libri per altre recensioni.
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